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Milano

La Sormani assediata dai clochard: giusto così?

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Il 3 dicembre 2015, alla lettera al Corriere della Sera di un frequentatore della Biblioteca Sormani a disagio per i troppi clochard che occupavano le sale della Biblioteca Sormani di Milano, Stefano Parise, il direttore, rispondeva che “la Sormani è democratica” e “accoglie senza distinzioni di condizione sociale”. “Le nostre strade – aggiungeva il direttore – sono piene di diseredati, ed è ingenuo pensare che la biblioteca ne resti immune”. Da allora la situazione si è aggravata. Alert ha visitato più volte le sale della Sormani: ai clochard si sono aggiunti – a decine, a centinaia – i profughi in fuga da Africa e Medioriente, che bivaccano senza ostacoli nelle sale di lettura, nei corridoi, nei bagni, occupano posti a sedere con borse e bagagli, cercano lì un tetto, un bagno, un posto per sdraiarsi. In certe ore del giorno interi servizi sono preclusi di fatto a studenti e lettori i quali spesso battono in ritirata. Impossibile non domandarsi: la risposta del Direttore è davvero quella giusta? In altri termini: è sufficiente versare in una oggettiva condizione di bisogno per appropriarsi di uno spazio culturale destinato a tutti? Isabella Bossi Fedrigotti ne dubita nella controreplica. Cresce il fronte degli utenti perplessi: ha senso impedire di leggere e studiare per “fare accoglienza” a Palazzo Sormani? Questo tipo di prassi è del tutto assente – per fare due esempi – nelle Biblioteche centrali di Monaco e Madrid. In quelle sedi la sola consumazione di una Coca Cola tra i libri è sanzionata piuttosto severamente.  La  la Germania e la Spagna non sono democratiche? A ciascuno la sua risposta.

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