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Cultura

Maturità, ci vorrebbe un amico

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Ah, l’amicizia! Era un po’ che non se ne parlava. Almeno nel senso classico, offline. Meno male che è arrivata la Maturità 2018. La versione di greco (by the way: “versione”, significherebbe “traduzione”. Nella parola c’è tutta la nobiltà e tutta l’alienazione di questa scuola). Dunque dicevamo: nella versione di greco di quest’anno Aristotele ci parla dell’amicizia classica. Sono le pagine, per nulla semplici, dell’Etica a Nicomaco (il figlio? un amico? mah, non si sa). L’amicizia, spiega il Sommo, è il più sublime e necessario dei beni: è il fondamento della vita comune. Più o meno quattrocento anni dopo gli farà eco – con una visione forse più moderna – Cicerone. Il suo Laelius de amicitia è più introspettivo e psicologico, oggi diremmo: psicoanalitico. Parte da una vera storia di amicizia e la disseziona nelle componenti pubbliche e private. L’approdo è però classico: l’amicizia è la somma di tutte le virtù, ed è dunque il migliore dei beni. Da allora sono stati scritti fiumi di parole. Oggi, in tempi di solitudine e di rete, a noi reduci dalle religioni, dalle ideologie, da Freud, rimane come allora l’interrogativo di sempre: esiste davvero l’amicizia? O esistono relazioni, rapporti, (magari particolarmente intensi). Esiste l’amicizia o è solo il metro ideale su cui misuriamo le nostre connessioni sociali, le nostre simpatie alla macchinetta del caffè? Esiste davvero l’amicizia o c’è solo il desiderio dell’amicizia? Esiste l’amicizia o c’è solo l’amore?

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